Equatore,2007 Site specific Castello di Prunetto
Equatore, site specific enpleinair
Marco Filippa dialoga con  Claudio Rotta Loria 
Installazione Site specific  Castello di Prunetto (Cn)_La Via del Sale anno 2007
per contatti
1. Claudio, l’ennesimo equatore, puoi spiegarci il significato di questa scelta ? 
Perché un altro equatore? Perché in questo momento della mia ricerca artistica e della mia vita, 
l’equatore, con la sua estensione curvilinea, simboleggia una sorta di abbraccio collettivo, un gesto 
omnicomprensivo di affetto per la natura, per le cose, per i luoghi e le persone. E’ il segno forte di un 
mondo emozionale rotondo e intenso. Al tempo stesso l’equatore rappresenta il simbolo del grande 
viaggio che l’arte rappresenta e che consente di fare a chi l’ama per davvero.
2. Scorgo nel tuo grande abbraccio un’evocazione Matissiana e ancora una volta un’installazione in situ, 
nel vivo della realtà, accettando pienamente la filosofia del work in progress; un po’ come dire che 
l’occasione fa la vita. Qualcuno diceva, ma non ricordo più chi:- Fai quel che devi, accada quel che può?
La condizione indispensabile d’ogni mio intervento installativo è la presenza nella realtà di un fattore 
la cui particolarità topologica richiami la mia attenzione con un’imperiosità che non lascia scampo. 
Questo “colpo di fulmine”, nella maggior parte dei casi si traduce nella decisione di realizzare l’opera 
in situ, incurante della trafila e dei disagi dei sopraluoghi, delle difficoltà e delle fatiche collettive di 
realizzazione. Nel caso de La via del sale l’oggetto di innamoramento è stato la torre del castello di 
Prunetto. Nella chiesa di Cortemilia, luogo della collettiva, le due aperture sui lati dell’altare, sono altresì 
divenute spazio di una nuova versione della box installation Aequator –oris, una sorta di dittico sul 
mondo e sulla “follia” umana.
3. Ancora una volta ho avuto la felice opportunità di seguire l’opera mentre nasceva. L’individualismo 
dell’artista spesso mal sopporta di interagire con altri; al contrario tu dialoghi, stabilisci relazioni reali, 
accetti suggerimenti, trovo piuttosto singolare questo tuo atteggiamento apprezzabilissimo. 
Cosa puoi dirmi in proposito?
Alla base di quanto tu rilevi, vi è indubbiamente un fatto di personalità, di carattere, che fa dell’ascolto 
la via privilegiata del mio rapporto con l’altro. Ma vi è, al tempo stesso, una dimensione interna al mio 
fare installazioni che condiziona quest’atteggiamento. La grande dimensione, infatti, rende inevitabile 
e indispensabile la presenza di aiuti per sostenere, fissare, sollevare, spostare, elementi non gestibili 
individualmente, aiuti che risultano preziosi anche per esprimere un primo giudizio sull’articolazione 
compositiva degli elementi che sto trasferendo nello spazio reale dalla fase del progetto a tavolino. 
Nel momento in cui, su trabattelli, scale, ponteggi, costruisco e assemblo materiali e colori, non posso 
ovviamente essere spettatore del mio operato. Il giudizio dell’altro è, pertanto, una prima condizione 
per fissare provvisoriamente quanto vado accostando e per giudicarne l’efficacia.
Non è la prima volta che tu svolgi questo compito di “sguardo éloigné” e partecipante ad un tempo al 
farsi delle mie opere. In quest’occasione, hai condiviso questo prestito dello sguardo con mio figlio 
Alessandro, preceduti da Silvana e da Enrico, il fabbro con cui abbiamo fissato per un’intera giornata, 
tormentati da un vento violentissimo, la struttura del lavoro. In generale, devo sempre un ringraziamento 
a molte persone nella mia attività installativa (penso agli amici e alle donne di famiglia, Francesca, 
Melissa e Sara): ad ogni installazione collego nella mia memoria il volto di chi mi ha aiutato a realizzarla. 
A tutto questo bisogna aggiungere che, per mia natura e formazione, rimango estraneo ad un’idea 
d’artista sprezzante, titanico e individualista, come pure all’idea del fare arte tipica del neoidealismo e 
neoromanticismo contemporaneo. Il mio modo di concepire l’arte, che di per sé rappresenta già un gran 
privilegio, è più vicina all’idea di dialogo con l’altro, con il diverso e il simile, con i luoghi, con la natura e 
con lo spazio. Fare arte è, infatti, una scelta molto speciale, una via percorrendo la quale è possibile 
costruire nuovi mondi visivi e percettivi, nuovi modi d’essere, nuovi stili di vita, nuovi contesti di valori 
più inclusivi. 
4. Anche in questo lavoro, il passaggio dal segno dipinto a quello articolato nello spazio (saremmo 
tenuti a dire “reale”), denotano una fiducia “quasi assoluta” nella pittura… certo, quella 
moderna/contemporanea, ma anche una continuità/contiguità con alcune esperienze del passato: 
penso alla Battaglia di San Romano di Paolo Uccello, alla sua straordinarietà spaziale fortemente 
strutturata e bilanciata tra i flussi morbidi dei corpi dei cavalli e le geometriche tracce delle spade. 
Col tuo lavoro dimostri che anche nel secolo XXI è possibile fare pittura e il tuo codice aperto slitta 
continuamente tra geo-metria e geo-grafia. 
Mi fa particolarmente piacere il tuo riferimento alla Battaglia di San Romano. Si tratta dell'opera che 
più ho amato da ragazzo per via della virtualità cinetica delle aste verticali e inclinate, che si risolve 
in un gioco di straordinaria astrazione. A distanza di molto tempo la forte impressione che quest'opera 
produceva in me, mi pare sorprendentemente anticipatrice di molti sviluppi della mia ricerca. 
Anche in questo caso, il castello di Prunetto, l’agente topologico scatenante non mi è stato immediatamente 
evidente. La torre risulta nascosta alla vista del visitatore sino a quando non si sia superata l’ala laterale 
del castello. Allora, appare con sorpresa, sullo spigolo di sinistra della facciata principale, l’unico elemento 
curvo di questa possente costruzione. Alla sua vista, immediata è stata la decisione di far scorrere 
intorno alla rotondità della torre, una nuova e pur sempre terrestre rotondità quella dell’equatore. 
Il carattere site specific di questa installazione è condizionato dalle dimensioni della torre, dalla sua 
disposizione in relazione all’esposizione solare, dalla precarietà dei punti di ancoraggio negli interstizi 
friabili delle pietre della parete, dalla resistenza dell’opera e dei materiali all’esposizione alle intemperie e, specificamente, ad un frequente vento fortissimo, dai molteplici punti di vista del percorso di visita... 
Fattori che modificano e determinano il formarsi dell’installazione, che comportano un processo 
sperimentale e una contratta ricerca di soluzioni, che obbligano a sospensioni, riprese e a nuove 
sospensioni, in un tempo sempre troppo breve per non stare in affanno. 
È proprio vero il tempo è sempre troppo breve ma, credo, non possiamo che aggrapparci ad un 
sano pragmatismo e il tuo modus operandi, la tua struttura umana, non lascia trapelare affanni o 
nevrosi e ha la curiosa proprietà di tranquillizzare chi ti sta accanto sapendo che la soluzione 
ci sarà. C’è piena corrispondenza tra i tuoi lavori e il tuo “essere”. Citando Laurie Anderson 
potremmo dire walking and falling e so che cadremo, come sempre, in piedi tra i flussi di linee e 
colori, nei tuoi equilibri instabili dove soggiornano pensieri leggeri. Grazie Claudio.
Claudio Rotta Loria.
Nato a Torino, lavora oggi tra Torino e Banchette (To), dove vive. Compie studi artistici, si
laurea in antropologia culturale e dalla fine degli anni ‘60 si dedica a una ricerca di tipo 
geometrico, di astrazione analitica: in questo periodo fa parte dell’operativo Ti.zero (1969/1976) 
ed è cofondatore dell’omonimo Centro sperimentale di ricerca estetica. 

Nel corso degli anni ‘80 Rotta Loria esplora gli aspetti sensibili ed emozionali della pittura, 
nell’ambito di un’indagine introspettiva che si orienta fortemente verso dimensioni simboliche 
e spirituali. Le sue opere rompono così i codici rigorosi del periodo precedente e si 
articolano più liberamente nello spazio, grazie al dinamismo delle superfici e degli equilibri, 
all’accostamento intrigante e delicato dei materiali, all’approdo a quella che è stata 
definita una “scrittura-colore”. Dalla seconda metà degli anni ‘80 e per tutto il decennio 
successivo l’artista realizza grandi installazioni e opere a parete, contaminate progressivamente 
da nuovi materiali; nella mostra curata da Luciano Caramel nel 2005 si introduce 
la definizione di “Archipainting”, intendendo il lavoro di Rotta Loria come costruzione tridimensionale 
e dinamica che coniuga disegno, fotografia, pittura, scultura, colore, elementi 
tecnologici, oggetti comuni e frammenti di significato simbolico. Le sue installazioni sono 
inoltre caratterizzate dal rapporto imprescindibile che lega il luogo e lo spazio esistente 
all’opera creata. 
All’ampia fortuna espositiva in Italia si accompagna la partecipazione a importanti rassegne 
e mostre personali in diversi paesi esteri. 
Castello di Prunetto (Cn)_La Via del Sale anno 2007 – si ringrazia Il Fondaco di Bra (Cn) - 
http://www.viadelsale.org/
Condividi
DIALOGHI 
esposizioni dal'94
NEWS
enpleinair