Enza Miglietta 

     
 
     

Enza Miglietta nasce a S. Pietro Vernotico provincia di Brindisi, nel 1953.
Sperimenta le prime personali in Italia,nel 1988,poi si sposta all’estero.
E’ autrice di copertine di poesia e prosa,tra cui ‘E questo gabbiano’ di Danilo Pascali
Prefazione di Carlo A. Augeri (ed. Argo - Lecce 1997)
 ‘Delfino Blu’          di Danilo Pascali Prefazione di Carlo A. Augeri (ed. Argo - Lecce 1995)
 ‘La poltrona di pelle verde’di Giorgio Leaci (Lecce 1999)
 ‘Vita, morte, amore’     di Ennio Arzani (Ed. Oceano Edizioni 2000 Piacenza).
 
Le sue opere fanno parte di collezioni pubbliche e private, internazionali
tra cui in Italia la galleria civica di Rovereto.

2009..berlino arte in strada..
N.Y.city..collettiva..novembre..09
2008..ottobre..MUSEUM OF CONTEMPORARY ART OF VILLA PISANI (STRA)VE.
2006 Rurmgalerie 333 Helmstedt Germania
2005 Villa Dutoit Ginevra Svizzera
2004 Palazzo Farnese Piacenza
2003 Maffei Arte Contemporanea Follonica GR
2003 "Tra un tempo che si sfalda e uno che nasce" - Spazio Foyer MART -
(curated by Riccarda Turina, Remo Forchini)- Rovereto
25 Villa Dutoit - 00Genevre
2001 Cassa di Risparmio Ferrara
2001 Arte Fiera Padova
2001 Il Lupo della Steppa Torino
2000 Camera a Sud Brindisi
1997 Pont Avena Pont Aven Bretagna
1996 Studio Arte Il Ponte Spoleto
1995 Castello Carlo V Lecce
1990 Gallery Art Milano
1988 Galleria il Padio Ravenna

Collettive
2010..(milano)4 giugno.festival della letteratura..scrivere ai margini..
villaggio Barona 
2003 maggio‘Tra un tempo che si sfalda e uno che nasce’a cura di Riccarda Turina 
e Remo Forchini Spazio Foyer (Mart) Rovereto - Maggio 2003

Testo critico di Patrick Maffei
Dott. in Storia dell’arte contemporanea
La gestualità informale della pittura di Enza Miglietta è frutto di molti anni di ricerca; la sua visione 
è sedotta dagli avanguardisti americani del secondo dopoguerra, l’ardore delle emozioni e del gesto 
sono intensi come fossero un atto fisico.
Questi dualismi, gesto ed emozione, segno e colore sono introdotti nella tela, anzi nello spazio a 
disposizione, in modo decisamente “regolare”. La retorica rotelliana, insieme a quella degli informali 
sono le chiavi di lettura per avvicinarsi alla comprensione della poétique artistique di Enza Maglietta; 
l’inserimento delle scritte nella quasi totalità delle opere è un segno distintivo, ma soprattutto, concreto 
di un passaggio all’interno del quadro. Con quel gesto, denuncia l’identità fragile della nostra 
contemporaneità, essere una scritta o un’etichetta, un logo o un non logo; annullare questi riferimenti 
contemporanei con il colore o un collages è una delle caratteristiche primordiali della sua arte.

Riflettere. Meditare. Bisogna sapere soffermarsi davanti ad una tela o un disegno di Enza Maglietta 
per poter cogliere e distinguere il suo spirito libero, provocante ma allo stesso tempo testimone di 
una società contemporanea in continuo movimento. Pochi segni essenziali servono da train d’union 
per raccontare e dialogare con lo spettatore in ammirazione davanti all’opera.

Muri di sopravvivenza

Non sono solo i muri che permettono ad Enza Miglietta di raccogliere i messaggi itineranti, le scansioni 
cosmiche, i graffiti ancestrali, ma anche i monili, le composizioni, le istallazioni minime che ugualmente 
catalizzano il flusso esistente come può fare un magnete con limatura di ferro.

Ma i muri restano il segno più incisivo del suo guardare. Sì, guardare. Attraverso il suo sguardo ci si 
rendono manifeste le vere intenzioni degli dei, i bisbigli, le traiettorie, le apparentemente confuse semiologie, 
crittografie. Una sorta di pensiero debole del graffiti primordiale. Come quest’ultimo il tratto di Enza non 
vuole svelare alcun arcano, né ricostituire verità perdute, né stilare una cronaca dell’accaduto attraverso 
i suoi simboli, operazioni che di per sé ingenerano sovente nuove confusioni. E’ una danza dei grandi rettili, 
un minuetto delle forme più evolute che provano a mostrarci, ad esempio, i limiti della tecnica pensata, costruita.

Proprio come i graffiti, le traduzioni di Enza non sono delle stilizzazioni ingenue, come ci capita spesso di 
distorcere nei disegni infantili, ritenendoli imperfetti, incompiuti, ma viceversa trattasi di illuminazioni della mente 
pura, quella che non ha ancora assaggiato il nerbo della sovrastruttura. Roland Barthes dice che “il bambino 
è come il selvaggio, perché si astiene dal passare attraverso lo sguardo di un altro”.

Nella bellezza di Enza riusciamo esattamente a non fare questo errore, a tornare puri, per quanto ci è 
possibile, perché così come lei traduce ed interpreta, ossequiando il dettato originale, allo stesso modo 
noi non decriptiamo, non cediamo alla tentazione di sovrastrutturare il messaggio, il linguaggio, ma 
semplicemente ascoltiamo non ciò che lei a da dire, ma ciò che lei ha da riferire.

Il vero artista si esautora gradualmente dalla significazione e se è bravo, come è brava Enza, ci fa dono 
della pace dei segni, mettendoci in grado di seguirne placidamente le sovrapposizioni, le reiterazioni, i beati 
equilibri che si compongono a loro solo e autentico piacere. Come vedere sorgere il sole.
per gentile concessione di FemminArt Review
blog FemminArt 

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