"TOKOLOSH" Io nella mia arte sento la mia condizione di bianca africana. In Africa ho vissuto in un contatto strettissimo con la natura ed ho respirato la cultura dei neri africani. Io sento viscerale e sento con grande sofferenza il distacco dalla natura. Io mi sento un po' donna animale e fin da bambina molto piccola me ne andavo per ore nei campi fino a che non veniva mia madre a cercarmi. Nei miei quadri c'è questa grande gioia e questa grande sofferenza di sentirsi umani e animali insieme. Parlando con Claudio Ametoli (il mio amico psicoanalista di Roma)mi sono resa conto che nelle mie opere c'è questo dualismo. |
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PHILIPA KHOLY |
Da
una parte il mondo Europeo, |
Due mondi quello bianco e
quello nero, che in me si uniscono e si scontrano, mi animano e mi confondono. A Claudio sembra di ritrovare nelle mie opere i temi primigeni dell'uomo animale comuni a tutte le civiltà primitive sia bianche che nere: dalla danza tribale Africana con il loro uso di maschere animali, alle primitive rappresentazioni della tragedia greca nata come spazio scenico religiosoin cui recitano uomini con maschere di capra. |
Tragedia uguale canto del
Capro. Uno spazio scenico dove si rappresenta la complessità della condizione umana nella lacerazione tra natura e coscienza. E questa condizione sempre oscillante tra eros e sofferenza io la ritrovo anche nella mia situazione di esule dal mio paese che ho lasciato quando avevo 22 anni perchè non sopportavo la politica di apartheid. I miei personaggi sono in viaggio sulle loro fragili barchette di carta con i loro affetti e i loro ricordi dentro il cuore, siano essi una ragazza Bosniaca che ha lasciato la sua terra, o una vecchia donna che ha lasciato irrimediabilmente la giovinezza e la gioia di amore. |
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enpleinair |
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