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SHADOWLAND |
Le coordinate dell' icona-uomo sono dunque |
Il quotidiano nel quale siamo immersi è popolato da una molteplicità di oggetti banali, qualunque spesso superflui e ridondanti. Essi segnano l'esistenza, evidenziando uno iato: l'impossibilità di adeguare il linguaggio alla cosa, tanto che di conseguenza spesso l'oggetto si rivela un feticcio, un simulacro. Vale allora la pena di provare a trasformarlo in una realtà-altra. L'assenza che connota l'individualità umana può diventare presenza evocativa nell'oggetto, stabilendo una relazione di reciprocità. In questo senso l'oggetto per Laura Ambrosi diventa un EMBLEMA che trova la sua ragion d'essere grazie alla commistione dei linguaggi della scultura e dell'installazione. Essi si integrano sino a sconfinare nell'ambito del design interpretabile nel senso indicato dal filosofo Max Bense, come luogo di incontro tra la necessità delle funzioni e l'innovazione estetica. La prima conseguenza è il ribaltamento dei predicati osservabili, cui pertiene l'attitudine a configurare l'opera come un tutto polimorfo dalla forte consistenza pragmatica. |
L'artista "sente" la capacità gestaltica dell'oggetto di catturare situazioni e la esprime attraverso nessi che chiamano in causa primariamente la polarità di interno ed esterno. Nascono gli Appendiluce che palesano la luminosità come elemento catalizzatore rapportabile con il colore e lo spazio, in grado di rendere il reale trasparente a se stesso, materializzando il legame tra concetto e percezione. Ma l' Appendiluce assume anche un altro significato: esso richiama infatti la memoria di un indumento, aprendo un discorso che trova il suo perno nell'ossimoro illusione-essenza. Lo sguardo ha dunque la preoccupazione di radiografare una complessità enigmatica. Il progetto della mostra raccorda tutti questi elementi. Nello spazio centrale della galleria si fronteggiano due icone: un impermeabile trasparente dotato di bottoni-luce e un abito da sera nero. Tra la funebrità e la trasparenza liquida si instaura un rapporto dialettico teso sul filo del paradosso. |
Il nero è infatti riscattato dalla "tipologia" del vestimento ideato per una situazione "ufficiale", così come, a sua volta, la perspicuità dell'impermeabile contrasta con il plumbeo umore della pioggia. L'elemento della ripetitività ossessiva è invece palesata dagli oli su tela che riproducono sagome di appendiabiti, disposti in verticale, così da suggerire l'idea di accumulo seriale. Il senso traslato si fa ancora più evidente nell'installazione di panni stesi all'aperto, che ribadisce l'importanza del legame di contiguità tra esterno e interno. La disposizione statica degli indumenti è solo apparente. A ben guardare, infatti, essi offrono un intenso spaccato di vissuto, rivelando la loro appartenenza alla consuetudine, a momenti intimi e significativi della vita di Laura Ambrosi. Sono frammenti di una quotidianità che cessano di essere banali nel momento in cui si "situano" come presenza viva o come emblematici reperti della memoria. |
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