Worlds riverrun Words, oltra la nominazione Luisa Raffaelli
testo di Tiziana Conti
 
Peter Kien vive a Vienna, isolato nella sua
biblioteca di duecentocinquantamilavolumi
che occupano l'intero spazio della sua dimora;
qui egli cerca la verita'- e attraverso ad essa
l'immortalita' - ma in questo sforzo diventa
inumano, innesca un processo che lo portera'
inevitabilmente all'autodistruzione e, insieme,
alla soppressione della pretesa verita'.
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Una "testa senza mondo" e un " mondo senza testa"
sono i due aspetti aridi ed estraniati sotto i quali
la realta' si manifesta.
Nel protagonista di Auto da fe' di Elias Canetti e'
racchiusa, grottescamente, la logica assurda di
una cultura onniglobante il cui esito puo' essere
solo nihilistico,
Questa rappresentazione inquietante risulta, a
mezzo secolo di distanza una lucida e tesa anamnesi
delle prospettive della cultura contemporanea.
Essa appare proiettata verso l'anonimita', verso
il "moderno" ad ogni costo che annulla qualsiasi
traccia preesistente, verso una cencezione innaturale
dell'io che, come sostiene Jeffry Deitch, guarda
ai fantasmi della storia, ai modelli piu' che all'essenza.

La riflessione sul fenomeno tanto pervasivo quanto
preoccupante della globalizzazione che, anziche'
tesaurizzare indizi, vanifica la cultura inaridendone
gli stimoli, e' l'elemento centrale del lavoro di
Luisa Raffaelli, attenta sin dalla fine degli anni '80
alla perdita costante e inarrestabile dei valori dello
spirito di cui la parola e' manifestazione poetica
prima ancora che strumento di comunicazione

 
La crisi degli orizzonti culturali ha determinato nelle
arti una sorta di Babele degli "ismi", ha provocato il
cedimento alle blandizie dell'apparenza,
all'autoconcepimento.
Ha dato risposte ambigue e insinuanti alle lusinghe
della "simulazione" che tende a riprodurre le forze
del pensiero e della parola generando meccanismi
sostitutivi e vuoti surrogati.

A questo riguardo sorgono alcuni interrogativi.
Come si puo' affrontare una realta' caratterizzata
da segni che non definiscono ma fingono, dando
vita ad una vera e propria pratica, una superfice
luccicante ed esteriore dove la vita e' interamente
controllata dalla normalizzazione e dalla categorizzazione?
Qui si innesta la necessita' del recupero del linguaggio
che nelle arti visive trova nella commistione di ambiti
differenti l'unica via di salvezza.
La ricerca della Raffaelli ha dunque una matrice
analitica forte e si esprime attraverso l'installazione
e la fotografia che non e' mai assunta come riproddutivita'
del reale, quanto piuttosto come metodica di lavoro
in funzione installativa.

 
La prima riflessione riguarda la rinuncia forzata da
parte di molti popoli della propria storia, al proprio
patrimonio etnico, cosi' da cadere in balia dell'Assenza;
e' una realta' dolorosa, uno strappo lacerante.
I flussi migratori inaridiscono la sorgente delle
risorse autoctone, fagocitate da una tendenza
spersonalizzante, emarginante.
La perdita di contatto con le radici peculiari definisce
una condizione di sospensione che sottrae valore
al ricordo, all'esperienza vissuta.
La parola perde in questo senso la peculiarita' che
le attribuisce Paul Celan di abbracciare l'universo,
la capacita' assoluta di percepire, di travalicare, di
esprimersi attraverso "fibre gonfie di vita".
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Il progetto che sottende la mostra WORLDS riverrun WORDS
trae la sua titolazione dal Finnegans Wake di James Joyce,
dal delirio del flusso di coscienza nel quale la combinazione
di suoni e parole in moltitudine di ibridi risulta una
sfida enigmatica all'omogeneita'.
Un fiume di parole e' opposto all'inaridimento del linguaggio,
slittato inarrestabilmente sui binari di una linearita' che
ha portato all'assenza di comunicazione, alla mera
ripetizione di iperboli, di rimandi fonici.

Nei due spazi della galleria - l'uno soprastante rispetto
l'altro - la Raffaelli ha collocato oggetti che divengono
indizi su un tracciato interattivo.

 

Nello spazio superiore ha disposto un grande "canotto"
di materiale plastico, completamente chiuso, in modo da
"trattenere" all'interno l'immagine fotografica di un corpo
femminile, lo stesso che ricorre in tutte le sue opere,
in formati e posture diverse.
Tutt'attorno sono sparsi secchi, all'interno di ognuno
dei quali sono disposte fotogrammi di un volto femminile,
sempre lo stesso, iterato ossessivamente.
Un complesso procedimento tecnico riproduce un effetto
di liquidita' simile a quello dell'acqua.
I vasi appaiono imprigionati, le bocche sono come
risucchiate entro un gorgo, la parola morde il vuoto.
L'acqua si rivela dunque elemento ambiguo, surrettizio.
Considerata sin dall'antichita' principio generatore di vita,
metafora dell'infinito, puo' diventare liquore vorace
che annulla qualsiasi riconoscibilita'.
L'assenza di parola appare anche metafora dell'inanita'
dell'azione.
E' come se nell'acqua che rinserra passassero in sogno
tutte le esperienze del mondo, e' come se una persona in
procinto di annegare rivedesse in rapida sucessione il corso
della sua esistenza e cercasse febbrilmente di liberasi.

Nel secondo spazio, simile ad una cripta, e' disposta
una grande conca argentata.
Anche in questo caso l'allusione e' ad uno specchio
di acqua immota che imprigiona un corpo femminile,
impedendone il movimento.
Sulle pareti sono posti piccoli "canotti" che sembrano celare
e depositare sui volti impressi al loro interno messaggi
non detti, enigmatici, il vuoto di un mondo tanto ben
ordinato quanto inaridito perche' ha disseccato la sua anima.
Walter Benjamin afferma che l'essere spirituale dell'uomo
e' la lingua, la cui creativita' e' onnipotente.
Per questo essa e' magica, perche' e' incomparabile.
Credo che la ricerca della Raffaelli trovi il suo senso proprio
nella rivendicazione di una spiritualita' che si traduce
nella volonta' di vivere, di esperire, anche a costo di
lacerazione e disillusioni.
Il recupero del linguaggio allora prelude all'azione
come affiancamento del progressivo affondare dentro
le sabbie mobili di una cultura dell'omologazione e dei simulacri.
La svestizione dai pregiudizi e' produzione storica.

Tiziana Conti

 

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