Io non so chi sono tu chi sei.....
Facile a prima lettura difficile alla seconda per non parlare delle successive
Eggià chi può dire di conoscersi a fondo nei meandri del proprio costruito personaggio,
del proprio interiore affanno di vita legata al nome, all'abito, all'identità vincolante e struggente perché non sai chi veramente
sei quando passi accanto ad uno specchio al
riverbero di una vetrina e di sfuggita o volutamente ti osservi e ti stupisci ogni volta,
a già, quella sono io dovrei essere io e gli occhi non traffiggono mai a fondo non
vogliono schierarsi di qui o di là nella luce o nell'ombra si va.....e dove si va?
Uncinare le parole come ami in un lago mai arido e portarle alla riva facendo emergere
immagini sregolate senza censura, alibi perfetti di omicidi di assassini di parole travagliate distorte che prendono le ali e corrono
volano in mille risvolti e che hanno un nesso solo quando le guardi le studi e con
travaglio inconsapevole prendono le forme di un linguaggio non codificato personale e
intimo.Come l'acqua senza forma se non la contieni in qualcosa di definito, liquide
lacrime di un utero fecondo, la parola riempie la mente, la sovrasta, prende vita in una
creazione psicologica scolpita e mirata a frantumare discernere sviscerare e tirare allo
scoperto quell'ago nel pagliaio che tutti cerchiamo. Dall'acqua contenuta in un qualcosa
quindi si crea un universo di immagini
da leggere toccare e sentire in tutte le sue parti di un unico grande frammento di vita
spezzettato con allucinante chiarezza fino a sembrare tagliata sminuzzata da asce e
lamette, ridotte in brandelli di un puzzle gigante da ricomporre e distruggere con
allegorica e ironica gentile follia.
E' il principio di tutte le cose, la follia delle parole, delle sillabe delle consonanti e
vocali che in un gioco alla Rubik si compongono e
scompongono a disegnare una strada un fiume tra deserti di vocaboli e sostantivi
riconducibili ogni volta ad un'immagine sentita o ricordata.
Spaccando il capello in quattro in dieci o in mille l'anonima artista contiene e distrugge
dapprima il vocabolo. Poi lo filtra, lo sconquassa lo porta tirato come un chewing gum
elastico in avanti ed indietro fino a raccontarci un'altra storia, una fiaba astrale piena
di stratificazioni preistoriche chiuse in una bottiglia di un mare /oceano senza fondo tra
insetti, pesci burloni e sale per la vita.
Quest' artista è quindi un Pollicino?
Dove ci vuol portare coi suoi messaggi che abbandona per la via e ci conduce nel suo mondo
di un Alice odierna dove la parola si fa baule-poema, e ci fa stravedere quel che non
vediamo con un sottile ragionato sovvertimento delle regole?
E' inutile quindi porci domande sulla sua identità, vuol condurci a spasso nel profondo
dei suoi mari e bisacce di propria interpretazione dove si rimescolano le cose in
girotondi di piacere e follie che elargisce in messaggi continui come lego in caduta
libera dopo una piccola spinta.
L'anonimato non mi turba non deve turbarci, neanche renderci scettici, è un'idea del
geniale è l'idea che per tutti è lo stesso, giochiamo a un
bel gioco, in tondo a rincorrerci, a nasconderci tra i cespugli ogni giorno, sotto stelle
per tutti uguali sotto un cielo sempre blu, rompiamo le fila
corriamo a perdifiato urliamo i nostri nomi sgozziamo quell'anima nera che ci confonde le
acque, creiamo i tifoni e tuffiamoci dentro in un vortice di forze impellenti ridendo e
cantando le bare, e i giochi d'azzardo non ci faranno più male, saremo rodati per vivere
collaudati e felici di essere in piedi.
Leggere i tuoi lavori, si, proprio leggere, mi consente di volare, di sgranare un rosario
di perle, immagini che parlano e costruiscono un percorso di un figlio dei figli dei fiori
tra echi di valli pulite ed così areose che l'occhio si allunga per vederne i contorni,
mentre l'eco si affanna a rimbalzare tra dune e sorgenti per condurti in un messaggio di
suoni e colori. Così penso al poema di Rimbaud quando accosta ad ogni vocale un colore e
ti chiedi perché ha scelto quel nome, quel tono quella gamma particolare di tinta per una
vocale banale inutile e vuota.Ti esplode allora un corteo di sostantivi che associ a
qualcosa che non ricordi,
ben nascosto nelle viscere, e ti chiedi che c'entra in questa storia di tinte e vocali?
Così l'anonima artista ti lascia di stucco quando associ le storie e ti poni di fronte a
pensare ....che vuol dire Enciclopedia visuale... allertata e incantata allora capisci che
è un filo di lana sottile e continuo che vuol portarti lontano in metafore ribelli a
guisa di scatole cinesi o matrioske russe fino a giungere al fulcro che ti stava
aspettando frenetico saltellando per attirare l'attenzione è il vuoto, il nulla. Gran
cosa il nulla, già da sola ci dice tutto, è il nulla della comunicazione è l'oscurità
dei messaggi percepiti, è il linguaggio alternativo che supera i significati comuni, è
il nulla diventa poesia.
JP
Pinerolo, 29 Maggio 1999
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