La
poesia di Edna St.Vincent Millay
si dispiega, come un astro luminoso e solitario splendente di luce propria, nell'arco di un trentennio (1920-1950) particolarmente fecondo di innovazioni per la letteratura nordamericana. Edna fu la poetessa in cui i giovani del Greenwich Village riconobbero negli anni Venti, l'espressione della propria insofferenza nei confronti del conformismo morale e del perbenismo borghese. Molti suoi testi parlano d'amore, ma il suo "romanticismo" è quasi sempre un'erma bifronte: una sorte di amabile bluff. La verità è che Edna è una donna d'intelligenza troppo autonoma, spiritosa ed acuta per adattarsi a qualsivoglia rassicurante modello (culturale, poetico); e femminile di quella femminilità, nemmeno poi così rara che usa la ragione ancor più fruttuosamente di quanto non ascolti il cuore. Il suo segno peculiare resta sì l'anticonformismo, ma si tratta di un anticonformismo dell'intelligenza che non celebra mai nessun mito e rivendica come unico diritto quello di non lasciarsi imbrigliare da alcun luogo comune, tanto meno dall'illusione. (Silvio Raffo) |
Giovedì Ed anche se t'amai mercoledì, a te cosa importa? Non t'amo giovedì- È ancor più vero. E che tu venga ora a lamentarti È più di quanto io possa capire. Mercoledì ti amavo - d'accordo- Ma cosa me ne importa? |
Dai Sonetti XLII Quali labbra le mie abbian baciato come e perché, io l'ho dimenticato, quali braccia protese fino all'alba sotto il mio capo; ma la pioggia è densa di fantasmi stanotte, alla finestra sospirosi, in attesa di un mio cenno.. |
Epitaffio I Non riversate, no, su questo tumulo Fasci di rose, ch'ella amava tanto; perché stordirla di rose che non può vedere, odorare? La polvere sugli occhi, ella è felice Nel luogo dove giace. |