Made in Factory
3 > 6 settembre 2009 |
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Laura Ambrosi (ospite con lettere da Pinerolo) Vive e lavora tra Montecarlo e Torino. “NEROSUBIANCO”Scultura 2009 Metacrilato opalino satinato, inciso a laser misure: cm. 50 x 70 x 35 (Foglio in metacrilato utilizzato: mm. 1000 x 1400 x 3mm) A metà via tra lo studio di design e una ricerca di composizione formale che mantiene l’opera all’interno del campo estetico, l’installazione di Laura Ambrosi è un commento al nuovo rapporto tra soggetto e spazio domestico, tra personaggio e spazio pubblico. Le superfici levigate e dolci che sembrano scaturire dal rendering tridimensionale di uno studio per soluzioni ergonomiche, diventano sottilmente seducenti ed erotiche. Pieghe, curve, ondulazioni, intensità e tensioni si distribuiscono su una superficie omogenea che crea spazio nelle sue evoluzioni lasciando scorrere morbidamente il sentimento tattile dell’osservatore, senza opporre spigoli e rigidità occludenti per l’uso o la riflessione. Le parole, seppure giustapposte sul metacrilato che compone l’opera attraverso procedimenti industriali, sembrano posarsi su una cedevole superficie d’iscrizione. Un’immagine che annulla la classica dicotomia tra verba volant e scripta manent lasciando fluire voci e segni alla stessa velocità libera e poetica di un pensiero. m.bramante |
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Elisa Coutandin |
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Federico Galetto Vive e lavora tra Pinerolo e Torino Frozen in a while ("Congelata in un istante") Tecnica: Mista su tela cm 150 x 210 cm (4 tele 100 x 70 cm) “L’artista serio è l’unica persona in grado di affrontare indenne la tecnologia, perché è un esperto consapevole delle mutazioni nel campo della percezione sensoriale”Marshall McLuhan Connessioni. Legàmi. L'arte è l'unica in grado di servirsi della tecnologia senza rimanerne danneggiata. Arte è Tecnologia e Tecnologia è Arte. Veloce, immediata, a volte provocatoria nella sua rapidità. La velocità e le connessioni. La velocità delle connessioni. Network. Reti. Legàmi. Così come per l'estrema espressione tecnica, l'immediatezza nel portare le parole e le persone, è la massima estrinsecazione del “Connettere”, nella vita e nell'uomo sono l'Amore, il Sentimento, l'Empatia ad esserne l'assoluta manifestazione. Tecnologia e Velocità. Uomo e Amore, sinergici in un gioco a quattro.Trasgressione. Connaturata nell'animo. Stiamo accelerando. Una volta trasgredire era appartenere ad un gruppo. Essere “altri”, ed esserlo tutti insieme. Oggi disubbidire alle regole della società significa piuttosto Guardarsi, al di qua degli occhi. Analiticamente introspettivi. Uno, nessuno, centomila. Congelati in un istante. La velocità massima collima per assurdo all'immobilità. Essere rapidi vuol dire giungere dappertutto contemporaneamente. E per questo, essere immobili. L'Amore massimo. Amare incondizionatamente un mondo condizionato. Amare ogni cosa e per questo amare se stessi. La densità di emozioni irrazionali che si prova nell'Amare non velocizza il tempo che percepiamo. Lo rallenta. Sospesi nei pensieri, viaggiando nei ricordi, aspettando l'attimo in cui riabbracceremo un pensiero, un profumo, un “altro me diverso da me”, noi viviamo un attimo della durata di un istante, ma infinito. E' proprio questo il concetto. L'Amore è infinito, e come tale è immobile. Congelato, quasi un ossimoro rispetto alla sensazione che in realtà divampa, al sentimento che come una diga in piena cerca in ogni istante di abbattere tutti i muri della razionalità. Un fuoco, eppure congelato nell'istante, eterno. Un fiore bianco, che muto osserva il cielo e aggrappato al ramo nudo sembra voglia ricordarci che in ogni momento della nostra vita, per quanto tutto possa sembrare freddo e privo di respiro, un fiore meraviglioso può fuoriuscire con l'energia della primavera. E nell'osservarlo, tutto rallenta, fino a fermarsi. Nell'attimo perfetto che durerà per sempre, in cui il sentimento congela nell'Amore. Immobile ed eterno. Irrazionalmente veloce.Federico Galetto Nell’era dei post che segnano la fine della narrazione, degli ideali, della storia, delle utopie della modernità, in una parola dell’uomo, l’individuo smarrito è intrappolato fra la nostalgia conservatrice verso un passato istituzionale e autorevole e un circuito frammentato di significanti che galleggiano senza aggancio su un magma confuso di significati. I ritratti di Galetto nascono nella condensazione momentanea di un gruppo di stili, raccolti da un individuo in una nuova era preistorica che ha dimenticato la cultura stanziale, che configura la memoria di soggetti una volta vivi. Il patchwork di dripping, collage, iconografia pop, figurazione e materialismo si contrae in ritratti nei quali l’artista tenta di far riemergere un carattere, una personalità, un sentimento e un’espressione. Galetto formula incantesimi medianici per mezzo del potere magico delle immagini, per far rivivere il cadavere dell’anima dell’uomo dall’ibernazione della fine della storia. m.bramante. |
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Carlo Galfione Vive e lavora a Torino HAPPY BIRTHDAY_2009 Olio su tela a rilievo cm 80 x 118 Una donna pallida, livida ed esangue osserva distratta un punto fuori della nostra vista, assorta in una verità che ci è preclusa. Il suo volto seducente e raggelato, ai limiti di una bellezza fatale, è immerso in un luogo che sembra non suo, un canneto che la protegge in un alone di mistero. Tutto sembra orchestrato da una strana regia che ci rifiuta una comprensione intima della donna, una partecipazione ai suoi pensieri. Ogni contraddizione provoca l’enigma che mantiene vivo il morboso interesse del nostro sguardo. La bellezza ci respinge e si difende svuotandosi di ogni senso e contenuto, svanendo nella composizione e nella decorazione, nell’incontro fra la fuggevole pittura e gli orpelli artificiali dei tessuti che emergono piatti dal fondo, come una marea lenta dove annega, per noi, l’Eidos della bellezza. m.bramante Sono affascinato dagli stereotipi del fashion system, dalla ritualità, dalle aspettative e dai desideri che circondano questo mondo. Rifletto gli aspetti psicologici che tutto questo comporta, il bisogno che ci induce a cercare “l’habitat estetico” che meglio ci rappresenta, in un crescente cortocircuito nel quale ogni individuo rischia di essere uguale al gruppo di appartenenza. Neighbors affairs mi evoca la vita privata, nascosta, che ogni persona che incontriamo nel quotidiano tiene per sé. Presento persone utilizzando un’ iconografia classica (nella postura come anche nelle scelte tecnico/pittoriche) ma i miei ritratti sono della parte sbagliata, o non ufficiale, dei loro protagonisti. Riguardando gli ultimi lavori, questi mi suggeriscono sempre di più il loro lato dissonante. E' come quando in una partitura musicale salta un accordo, puoi non aver mai studiato musica, ma senti che qualcosa non torna. La texture che utilizzo non fagocita l'opera, ma ha un rapporto paritario con la pittura che la circonda. Ho scelto i tessuti come segno di omologazione, la loro fabbricazione non è forse stata la prima forma di industrializzazione (e di distribuzione) di massa? carlo galfione |
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Marco Lampis Vive e lavora a Pinerolo RITAGLI olio su tela cm100x cm100 installazione 4 lavori Le silhouettes di Marco Lampis vagano in uno spazio obliquo tra ubiquità e vuoto. Uno spazio senza luogo che ricorda l’ambiguità del terreno rovesciato da Paul Gauguin sul piano della tela nella sua visione della lotta di Giacobbe con l’angelo. La sacralità dello spazio allegorico, tuttavia, nelle tele di Lampis è stata completamente evacuata, come ogni punto per l’orientamento del soggetto. I personaggi solitari, o gli sparuti gruppi, sono decontestualizzati dal mondo per una potenziale rilocalizzazione a velocità infinita in uno spazio virtuale. Sono persone statistiche, anonime, o personaggi in cerca di storie da vivere come i sei della commedia pirandelliana. Trattandosi di una rappresentazione mediatica dello straniamento appena subito, è possibile applicare a questi dipinti la riflessione di Barthes sulla fotografia. Nel suo libro “La Camera Chiara”, Barthes descrive un punto (che chiama appunto punctum) che è come una freccia che ci colpisce dall’immagine, come se partisse dal reale dietro la fotografia. Gli individui di Lampis sono, in fin dei conti, rappresentati realisticamente, ed è nel loro impercettibilmente patetico spaesamento che avviene il ritorno del reale, come se anche in quello spazio privo di aria trovassero vita sufficiente per tentare di orientarsi, rendendo possibile il coinvolgimento empatico dell’osservatore. m.bramante “ho pensato di chiamare "RITAGLI" la mia opera.Non avevo ancora trovato un titoloche mi piacesse, ma ripensando a come sono nati la parola "ritagli" mi sembrava la più appropriata, sono come "ritagli" di giornali, nel mio immaginario,io li incollo alla tela, li vedo sorpresi nella loro routine, ignari di recitare la commedia della loro vita.” marco lampis |
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Mimmo La Grotteria Vive e lavora tra Pinerolo e Torino MEMORIE di Pinerolo Tecnica immersioni in vinavil vedute storiche della città di Pinerolo su mappe L’ immagine fossile di Domenico La Grotteria sembra il tentativo di una civiltà per comunicarsi nel futuro o ad altri mondi per mezzo di un congelamento tecnico dell’idea di noi stessi che vorremmo trasmettere – anche noi abbiamo inviato nello spazio le nostre ipocrite testimonianze –, ovvero tracce sedimentate dal caso come splendidi reperti inglobati nell’ambra, preziosi indizi per la ricerca di un antropologo del futuro. Seguendo la storia dell’oggetto come è narrata da Benjamin, il suo destino inizia con il desiderio, attraversa il possesso che consuma senza uso e termina nell’obsolescenza spesso forzata dalle mode. E’ nell’ultima fase che, secondo Benjamin, l’oggetto può brillare dell’ultima aura recuperata nell’affezione della memoria, uno scintillio persistente che ritorna dal passato. Le immagini di La Grotteria affascinano per questa apertura sulla memoria, che assume la bellezza evocativa di una poesia ed una profondità intensa che si oppone allo scambio superficiale di immagini caratteristico della piatta cultura contemporanea. m.bramante Un bellissimo sonetto di borghes dice "già siamo l'oblio che saremo"la memoria impedisce il perdere se stessi e lo scivolare nell'oblio, quando ero piccolo giravo in bicicletta per Pinerolo, la piazza, via Matteo Bandello, i portici, le caserme, i cavalli, tutto questo fa parte della mia esperienza condivisa, tutto questo deve essere conservato per poter pensare a un altro modo di vivere oltre a quello presente che è importante. le carte geografiche, termine ultimo della esperienza, del territorio danno un limite ma permettono anche il superamento del proprio confine individuale, con la carta i luoghi assumono una collocazione in un contesto ampio, più della propria esperienza, impedendo il perdersi nella memoria, cosa che questa fa già nei confronti dell'indefinito del nulla. le colate di lattice sono il futuro che avviene, il materiale conglomera l'immagine del passato, trasformata in fotocopia, multiplo senza valore e quindi di nuovo individualizzata, id-enti-ficata, il lattice è un materiale del futuro che trattiene la memoria nel presente che è un futuro del passato. mimmo La grotteria |
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Andrea Nisbet Vive e lavora a Torre Pellice Scacchi! 2009 Tiratura 1/9 _Acciao inox, bronzo h cm 89 x 57,5 x 57,5 La dinamica degli scacchi, gioco preferito da Marcel Duchamp, è spesso usata in filosofia come metafora della vita civile. Come su una scacchiera, attraverso le guide asfaltate delle nostre metropoli, ci muoviamo in uno spazio di convenzioni per assolvere uno scopo senza fondamenti trascendenti. La vittoria è nel processo stesso del gioco, nella prassi che realizza le regole convenzionali, assolutamente gratuite e infinitamente performanti. La regola dei movimenti del pedone e le sue relazioni con la scacchiera popolata di figure rappresentano i percorsi e l’obbligo di puntualità nella pratica quotidiana. Un perimetro che, al limite, inscrive anche i re e le regine, la sovranità e, fuor di metafora, il potere politico. Il campo squadrato del gioco appare come un cosmo geometrico e ingiustificato, sorta di mandala occidentale, dove l’intervento della mano del giocatore ha la finta trascendenza di un mondo altro rispetto alla società delle pedine, come può essere per noi la mano invisibile del libero mercato teorizzata da Adam Smith. Nisbet utilizza questa simbologia - recuperando dagli stili un formalismo minimalista più per sottolineare un’ accurata perizia tecnica che per nostalgia estetica - per creare un oggetto d’uso conforme agli standard delle competizioni internazionali, realizzando un’opera che occupa la soglia tra il prodotto artigianale ed una riflessione artistica. m.bramante |
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Giovanna Ricca Vive e lavora tra Cavour e Torino Bolle Colorate stampa digitale su tela in unica copia cm 40 x 80 La sua formazione multidisciplinare, fortemente improntata all'approccio grafico, emerge nei lavori presenti in mostra, in cui l'immagine del reale si fonde con una visione onirica e ironicamente rimandante al modulo espressivo dell'happy end, in cui la felicità, la leggerezza e la serenità vengono emanate dall'uomo nello spazio circostante come bolle di sapone. In questa sede espone la stampa digitale su tela Bolle Blu, in cui l'immagine fotografica, riletta tramite gli strumenti del linguaggio pittorico, evoca la stagione estiva, tramite espedienti iconografici del vissuto collettivo; il cielo azzurro, i gabbiani, le bolle di sapone come idea del gioco all'aperto. Giovanna Ricca gioca sul potere affabulatorio del colore: l'immagine dai cromatismi accesi e brillanti induce a immaginare una realtà magica e fantastica, vicina all'universo dell'animazione, in cui è possibile che dalle bolle disapone scaturiscano scintille di colore. |
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Fausto Sanmartino Vive e lavora tra Pinerolo e Torino Progetto per “Al fondo della Manica”2008 cm 87 x 65 Un’architettura non è mai un luogo semplicemente attraversato. Seguendo la teoria psicologica, ogni costruzione è uno psico-spazio del vissuto, situato fra introiezione e proiezione del soggetto che vive il luogo. Le opere di Sanmartino nascono in queste pieghe oscillando fra i due poli dell’interpretazione soggettiva e del condizionamento dell’ambiente rinvenuto. Secondo una differente tradizione, inaugurata da Marshall McLuhan, una tecnologia è sempre un’estensione di una parte del corpo, una protesi che ne aumenta le prestazioni. L’involucro architettonico riflette la necessità di difesa dell’individuo amplificando la funzione del nostro tessuto epidermico.Ereditando le metodologie dell’opera site-specific, le installazioni di Sanmartino non sono semplici commenti ma trasformazioni che sviluppano le potenzialità sia psichiche che formali dell’architettura. Gli abiti usati (altra estensione della pelle) sono una metafora della soggettività pulsante tra gli elementi strutturali, mentre la colonna di “Alla Finestra” divide la luce su cui si affaccia creando per il luogo un’inedita riformulazione dei volumi. m.bramante |
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Mirella Sannazzaro Vive e lavora a Macello Video LILITH CATARSI Mirella Sannazzaro progetto/realizzazione video Pier Paolo Punzo Mirella Sannazzaro progetto sonoro Pier Paolo Punzo elaborazione sonora Questa è la storia di Lilith, della sua malinconia e della sua catarsi. La sottomissione che conduce al "dover andare via", al fuggire, al deformarsi, è la condizione che porta alla perdita del senso di esistere, cioè alla perdita di sé. Così la spontaneità, che è creatività, che è il vento ma anche il soffio dell'intuizione, attraverso l'infinita gamma dei mascheramenti, muore e con essa muore la vita. Lilith è l'affermazione del proprio essere se stessi, è quell'energia latente presente in ognuno di noi. Le nostre sfumature cromatiche, ovvero la sintesi delle nostre personali interpretazioni del reale, possono divenire consapevolezza nel momento in cui ci si permette di "sentire" e quindi ci si permette di "vivere". Nel momento in cui Lilith decide di non fuggire per poter essere se stessa, può vivere la sua trasmutazione, la sua catarsi. Questa non facile scelta è possibile solo ponendosi al di fuori della propria personale inquadratura del "film". Questa trasmutazione dà valore e forza ad ogni nostra scelta e ad ogni gesto e il suo essere lieve è il tramite attraverso il quale vivere la consapevolezza e quindi l'esperienza della creatività come medium di scambio energetico. La creatività diviene quindi vitale fluido conduttore e non più "contenitore simbolico" asservito ad un qualsivoglia potere che si avvale della sottomissione ottenuta tramite la forza. Quindi la trasformazione passa dal mascheramento della realtà (attraverso la finzione del potere che utilizza lo spazio simbolico per opprimere ed annientare l'intuizione), alla fluidità della creatività universale e perenne. Solo un sincero atteggiamento di consapevolezza può condurre alla catarsi e alla rivelazione del vero modo di divenire "essenze creative" che non si servono della sopraffazione per vivere ed esprimersi. Un inno alla creatività come stile di vita. mirella sannazzaro |
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Rédha Sbaihi Vive e lavora tra Villafranca Piemonte e Torino senza titolo, 2009 legno vetro metacrilato cm 60X60 h. cm.60 Lo sguardo quotidiano è immerso in un astratto spazio d’uso che, come sosteneva già Benjamin agli inizi del secolo scorso, è uno spazio di distrazione, dove ogni oggetto non focalizzato dallo scopo prosaico dei nostri gesti quotidiani sparisce in uno sfondo di indistinzione.vL’artista algerino Rédha Sbaihi, con ludica leggerezza ad un tempo infantile e complicata da prassi e strutture metaforiche del linguaggio artistico contemporaneo, opera spostamenti surreali sfruttando l’energia potenziale formale e semantica degli oggetti –o dello spazio – come in “Senza Titolo”, dove lo spazio è sprofondato oltre il pavimento che intrappola una ragazza sorridente mentre ci osserva dal suo luogo illogico e infinitamente moltiplicato dagli specchi. m.bramante |
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Livia Siciliano Vive e lavora tra Pinerolo e Torino Le souvenir d'un temps deux fois vécu video istallazione (piccola fotografia filmica & carta da lucido) 5' Il video di Livia Siciliano realizza la vocazione dell’immagine alla forma del movimento. Il semplice spostamento dell’obiettivo della macchina fotografica, fa implodere il tempo nella successione degli spazi incorniciati, conferendo sfericità temporale alla superficie delle immagini. Il montaggio materializza, nell’atto totale dello spazio-tempo, ciò che nel taglio fotografico della realtà è solo in potenza, con un mutamento verso quello che Aristotele chiamava l’entelechia propria dell’ente, la sua causa finale raggiunta nella forma finita. Ne scaturisce la narrazione implicita nella serie, in sintonia con le emozioni dello spettatore come nelle strategie adottate dal cinema, in cui la trama muove da un’inquietudine sospesa fra le geometrie enigmatiche delle facciate cieche, e dai sospetti sulle vite alluse dalle luci, fino alla contemplazione sublime di un cielo che rilascia presagi sinistri e seducenti. m.bramante inizialmente solo partire dal niente, da vicino, dalla finestra per esempiopoi, col tempo, lo sguardo, l’intenzione, l’esposizione si delineanoe affiorano le vedute… di questo pezzo di visione questo lavoro nasce a partire da centinaia di fotografie scattate più o meno regolarmente dalla fine del 2008 ad oggi, sempre dalla stessa finestra, a casa mia a Pinerolo l’esigenza di esplorare la dimensione temporale nella ricerca si fa più forte e mi ritrovo in un terraine vague di riflessioni sulla fotografia e la cinematografia, sullo scambio percettivo tra immagine fissa e in movimento e su molto altro ancoral’istallazione le souvenir d’un temps deux fois vécu è solo un primo esperimento, un esercizio, una composizione, un “poemetto” per me , il suo titolo è una citazione dal “cortometraggio” La Jetée (1962) del francese Chris Marker) _ livia siciliano |
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Valter Luca Signorile Vive e lavora tra Pinerolo_Torino CH-Z-H Installazione fotografica lavori 20 cm 42 x 29 cad + 2 punti luce Quanto viene raccontato, o rappresentato in un’immagine impossibile, nell’alternanza di proto-ritratti e simboli di Valter Luca Signorile, è un’estasi osmotica e pulsante del soggetto. E’ come se l’individuo non fosse che l’agglutinamento casuale di micro-volontà presoggettive. Liberate dalla coscienza paranoica di un io triangolare ed edipico (padre-madre-bambino con i rispettivi investimenti di odio e attrazione incestuosa), le soggettità molecolari che costituiscono il corpo quasi-completo, prima della formazione di una stabile coscienza, percorrono in tutti i sensi gli attraversamenti spontanei tra inconscio e preconscio, tra l’eros della liberazione e l’Edipo della struttura. In questi passaggi avvengono le “visioni” richiamate dal titolo – il termine ebraico per visione, machazé, deriva dalla radice CH-Z-H. Visioni di un destino come intuizioni intense ed ineffabili più che “viste”; esperienze cieche, contratte nel colpo di dadi cosmico di un istante da cui scaturisce una parola o un’idea quando la forma raccolta si approssima a ridiventare soggetto, prima di tornare alla visione. m.bramante |
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