Sei settembre 2014 alle ore 17.00, volendo prevedere un futuro
abbastanza certo, inaugureremo
il terzo atto di “Presente”, un’articolazione di “Alfabetomorso”
nell’ambito del progetto “Maionese”
giunto alla sua diciassettesima edizione, un anno particolare
trattandosi dei vent’anni che
compie l’En Plein Air.
Mi piace pensare che, in fondo, il nostro procedere in questi anni sia
diventato una matrioska e il “seme”
(la parte più piccola indivisibile delle note bambole russe) è la storia
della nostra associazione culturale,
il suo cercare e affermare uno spazio nel mondo della ricerca artistica
contemporanea ed è questa la vera
“madre” (la bambolina più grande che le contiene tutte) di ogni cosa che
abbiamo realizzato in questi decenni.
Il terzo atto, che probabilmente potrebbe essere l’ultimo di quest’anno,
è composito: si tratta di una mostra
personale, dedicata a Luigina Turri (ospitata nell’ambito del
Premio Internazionale “ORA”)
che occupa il piano terra e di una collettiva che si articola a partire
dalle scale per “abitare” il primo piano.
Potrà sembrare sbagliato
utilizzare il termine abitare per delle opere ma penso invece che
l’arte,
quando è tale, animi gli spazi perché intercetta le nostre
emozioni ed è quindi viva… e lo è altrimenti Giotto,
Michelangelo, Van
Gogh non riuscirebbe tuttora a scuoterci e interrogarci anche sul
presente.
Con Luigina Turri abbiamo cercato di percorrere la sua storia artistica,
selezionando una serie di opere
che coprono un decennio (dal 2003 al 2014), assicurando in questo modo
il racconto di una ricerca che non è
ancora conosciuto in questo territorio. Veronese di nascita vive e
lavora a Modena.
Il suo interesse per la pittura e il suo legittimarla oggi sono
palpabili, verrebbe da dire letteralmente,
per il coinvolgimento tattile che scaturisce dai suoi interventi. Anche
senza toccare le opere siamo coinvolti
dalle cromie stratificate e dall’impiego di materiali eterogenei che
accarezzano la visione.
I titoli confermano una passione per le cose della vita e sono
sintomatiche non già di una malattia ma,
al contrario, di una terapia che solo attraverso l’arte può cercare di
salvarci dalla seducente materialità caduca.
La sua materia pittorica a volte è scabra, dialogando con superfici pure
e materiali sapientemente posti
in relazione dialettica. Altre volte, come nei cicli dedicati a Ilaria
la danzatrice oppure con i rimasugli
consumistici prelevati da qualche rivista, come nella serie “riciclarts”,
l’impianto compositivo si articola
in un percorso visivo che ricerca equilibri inediti. Raggiunge esisti
interessantissimi nell’ultima produzione,
dove sembra voler scomparire ogni riferimento reale per tuffarsi in una
dimensione spirituale in cui sono i
fatti energetici che contano, dove i dati emozionali, tradotti in
pittura, toccano la nostra dimensione
fluttuante di esseri alla ricerca continua di uno spazio vitale.
Lasciamo la sala e proseguiamo il nostro giro nel terzo atto di Presente
e andiamo ad incontrare le opere
dei soci dell’associazione che condividono con noi quest’avventura.
Antonella Casazza ci accoglie con la sua Sacerdotessa dei cuori
ricuciti-la Maria bambina
di oggi, un tripudio kitsch sacramente profano.
Caty Bruno lascia aleggiare il suo acquerello per imbibire la
visione nel piacere della pittura.
Salendo le scale, la quindicesima lezione di scrittura di Margherita
Levo Rosenberg, trascritta
a biro su pellicola radiografica, ci racconta, con un linguaggio afono e
crittografico,
la tecnica dell’apprendere attraverso la mimesi.
Le fa eco la composizione cartoni animati di Ornella Rovera,
quattro pannelli con una figura arcaico-digitale,
che si snoda davanti al nostro sguardo rivelando la complessità dei
punti di vista.
Riprendiamo le scale per raggiungere il primo piano, l’opera di Tere
Grindatto, nella grafia composita e in
un collage elegante, l’artista evoca la corporeità femminile
riesumandola da una secolare interpretazione per
porla nell’immediatezza del presente.
Laura Govoni ci ripropone una delle sue panchine ma, questa
volta, non è pronta ad accoglierci perché è
colta nell’imminenza di sfasciarsi diventando quindi inservibile,
perdendo la sua funzione.
Nelle torsioni dei verdi e nelle ombre accavallate si svela un segno
quasi antropomorfo e quindi un’allusione
di speranza, testimoniata anche dai legni autentici lasciati a terra.
Gli studi di scarpe ad acquarello, di Sabina Villa, sono ironiche
interpretazioni di quest’oggetto femminile
catapultato di volta in volta in un universo fluido in cui scorre la sua
e la nostra immaginazione.
Nadia Magnabosco ancora una volta ci sorprende con il suo
delicato traslare nell’immaginario femminile;
tra pizzi e pizzini è un cassetto, dove l’artista ha riunito memorie
incrociate con profonde allusioni
anche al nostro tempo.
Entrando nel salone gli occhi sono attratti immediatamente dal foglio
gigantesco col volto di donna reclinato,
in dialogo contrapposto con l’autointervista dell’artista Chen Li.
Rosanna Giani offre un saggio di una dolce pittura fantasiosa.
Ruotiamo il corpo di 360° e le opere di Martha Niewenhuijs e Paolo
Bovo ci rituffano nella pittura-pittura;
con Martha che sembra prelevare le sue immagini fluenti, come fossero
estratte magicamente da
un magma cromatico primordiale, in un’alba della pittura sempre viva,
eterna; con Paolo
nel costante esercizio di una pittura lievemente strutturata, in una
neonata figurazione,
continuamente sospesa tra disegno e colore.
Ruotando ora il corpo di 90° le opere di François Nasica e Gian Carlo
Giordano ci fanno
sussultare di emozioni calde, impetuose, ruvide, dove l’umano si
scarnifica e s’interroga sulla sua dimensione.
In un registro simile, ma più enigmatico, le tavole di Rosa Ubeda
ci riportano a un grado zero della pittura
svelando codici atavici.
Marco Lavagetto con la sua serie di tabule picte scava un confine
tra la pittura e la vita, anche rinnovando
e irrorando di nuova vitalità gli umori seriali pop.
Due piccoli affreschi fotografici di Domenico Doglio esplorano
mediante l’inquadratura scene contemporanee,
restituendoci indizi di vita riflessivi.
Usciamo dalla sala e con un video Lidia Bachis ricrea l’antologia
di Spoon River fissando nella quotidianità un proposito e un auspicio
condivisibile riassumibile nel titolo
stesso: ricordateci.
Di diversa angolazione e sentimento l’immagine fotografica trattata di
Giovanna Ricca: la ragazza inquadrata
non ci guarda ed è concentrata in un momento di assoluta iperrealtà.
Roberta Aymar propone due tavole che sembrano prelevamenti
microscopici neo-botanici.
Tre elementi scultorei partecipano a Presente-atto terzo, di Carla
Crosio, Rèdha Sbaihi e Tea Taramino.
La prima ci propone un magma primordiale urtante e inquietante fissato
per essere osservato nei suoi effetti
premonitori di un tragico futuro.
Il secondo avvolge, stira, modula una gomma inscenando una torsione di
assoluta eleganza.
La terza, con la sua terra cruda, evoca una sfericità che è al contempo
mondo e grembo, vuoto e pieno…
Presente-atto terzo è anche la volontà di dare spazio a due giovani
emergenti e al loro linguaggio ancora
in via di definizione ma già fortemente contraddistinto.
Claudia Petacca espone i suoi volti sfibrati, cancellati,
vibranti di una fisicità tutta interna al segno,
volti senza un’identità che scivolano velocemente nel nostro sguardo.
Marco Abrate Rebor con i suoi
infiniti appunti ci catapulta invece in una galleria enciclopedica a
metà strada tra gli ex voto e le sue
esperienze graffitiste.
Ad allietare intelligentemente l’inaugurazione l’intervento musicale di
Georgia e Aline Privitera che
ripropongono per l’occasione un intervento musicale eseguito alla
Biennale di Venezia nel 2013:
"String Studies" by Simon Steen Andersen e
"pression" by Helmut Lachenmann.
Siamo giunti al terzo atto di questo 2014, con la fatica, la volontà e
la passione di cercare di portare avanti
l’esperienza dell’En Plein Air e di riuscire a compiere 21 anni nel
2015, se sarà possibile.
5 ottobre 2014 Marco Filippa
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In occasione dell'inaugurazione di Atto Terzo del 6 settembre 2014,
Aline e Georgia Privitera
hanno presentato due brani di musica contemporanea. Entrambi si possono
definire "studi" in
quanto i compositori hanno sperimentato ed inventato nuove tecniche per
gli strumenti ad arco.
Nella sala della mostra al piano terra hanno eseguito "study for string
instrument n 2" di
Simon Steen-Andresen dove è chiaro il gioco sia visuale che uditivo tra
il violoncello e
il whammy pedal, distorsore generalmente usato come effetto dai
chitarristi elettrici.
Invece nella sala al primo piano è stato eseguito "Pression" di Helmut
Lachenmann, compositore
tedesco che in questo caso ha esplorato a 360° le capacità sonore del
violoncello.
"Study for string instrument n 2" è uno dei brani presentati da Aline e
Georgia alla biennale
di Venezia del 2013 in occasione del loro concerto come musiciste del
Quartetto Maurice.
Il quartetto è stato fondato nel 2002 e ha manifestato sin dall'inizio
del loro percorso
l’esigenza di porre in primo piano la musica contemporanea, fino a farla
diventare la loro
l'essenza artistica. Oltre ad avere un vasto repertorio di brani
classici contemporanei,
alcuni compositori hanno dedicato proprio al Quartetto Maurice i loro
nuovi lavori:
Andrea Portera, Luiz E. Casteloes e Ryan Carter. Si sono esibiti in
concerti in tutta Italia
e all'estero, tra i quali: Biennale di Venezia 2013, per la stagione
“music@villaromana"
di Firenze 2012 e 2013,a Strasburgo (FR) per il festival "Minifest De
Musique de Demain",
a Macerata per la "Rassegna Nuova Musica", per il festival "Nuova
Musica" di Treviso,
presso il Teatro Dal Verme di Milano , al Teatro Quirino di Roma, al
Teatro Bibiena di Mantova,
al "Festival dei Due Mondi" di Spoleto, al Circolo della Stampa di
Torino, nella rassegna
"Compositori a Confronto" di Reggio Emilia, al museo Marini di Firenze,
al Teatro Vittoria di Torino.
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