Cannibali
Perla Flors invita...
7 Aprile > 13 Maggio 2001 ore 18

Cannibali

Il lato oscuro

Michel: Se escludi il cibo, tutto è epifenomeno: la sabbia, la spiaggia, 
lo sci,l'amore, il lavoro... il tuo letto. Epifenomeni. 
Come dice l'Ecclesiaste: 
vanitas vanitatum. Tieni, mangia.
Mangia...
Mangia!
E mangia, troia!!
Da La grande abbuffata, di Marco Ferreri.


1
Il carattere compulsivo del consumo presente nella nostra società non risparmia niente e nessuno. Se ogni merce deve essere consumata il più rapidamente possibile per non creare ostacoli all'avvento di ciò che è nuovo, sembra facile prevedere che ben presto questo imperativo riguarderà anche gli umani e i loro corpi, dei quali la tecnologia accentua il carattere di merce (medicina, entertainment, genetica: i soggetti del consumo si vedono sempre più rovesciati in oggetti dello stesso). 
Noi divoriamo noi stessi: individualmente e collettivamente. 
È una necessità economica. 
Ci sono parti di noi, psichiche o biologiche, che vengono rese obsolete da nuove produzioni, delle quali il marketing totale e onnipervasivo rende manifesta la necessità ineludibile. Da un lato infatti, produciamo, consideriamo indispensabili e acquisiamo artefatti e comportamenti che ci uccidono (vedi gli incidenti stradali, le cause delle malattie tumorali, ecc.), 
cioè generiamo socialmente le cause della nostra morte; ma anche impieghiamo un parte rilevante del tempo della nostra vita per avere la possibilità di accedere e praticare determinati consumi. Questi consumi ci riguardano da molto più vicino di quanto possiamo immaginare. L'oggetto del consumo 
siamo noi stessi. Siamo l'oggetto del consumo delle nostre merci: ma siamo noi ad azionare le loro bocche che ci divorano, spinti dalla semplice ferocia della nostra fame. 

2
L'arte è un banchetto predisposto per il consumo di ciò che è più peculiarmente umano. Tutto ciò che sfugge alla percezione quotidiana, perché è immateriale, sfuggente, effimero, viene reso, dall'arte, sensibile, esperibile. Commestibile. È la voracità che contraddistingue l'artista. La sua capacità di aprire, più che uno sguardo, una bocca; in ogni sua opera. In ogni opera si può contemplare una bocca che mette in mostra il materiale umano che ha potuto dilaniare.
Gli artisti del passato sono dissezionati sulla mensa degli artisti viventi. 
E certo sarebbe inquietante pensare, ma non impossibile, che gli artisti del passato affondino i loro denti nelle carni esangui degli artisti odierni, per continuare la propria strana esistenza. Ma neppure tra vivente e vivente la ferocia è minore. Secondo le credenze vigenti nel mondo artistico, cibarsi di un collega pare sia ritenuto necessario per aumentare la propria capacità di sopravvivenza: un cannibalismo il cui scopo è sia rituale che alimentare.


Il lato chiaro 

1
Ogni valore estetico ha la sua più remota radice nella soddisfazione di bisogni primari, e nel piacere che da questa deriva. Ma il piacere alimentare, che è forse il più fondante, è, fin dall'inizio, annodato in una relazione con un altro essere. Non c'è solitudine, in questo piacere. Il suo carattere 
relazionale, poi sociale, e infine anche mondano, spiega qualcosa anche sugli altri piaceri estetici, anche quelli più svincolati dalle necessità immediate, come quelli procurati dalle opere d'arte. Il confronto che attorno a una tavola apparecchiata impegna i produttori e i fruitori d'arte rende possibile una valutazione reciproca, ma anche stabilisce 
un terreno in cui i valori del gruppo vengono discussi e, in qualche maniera, statuiti.
L'effetto è rafforzato se ci si incontra tra sconosciuti, ognuno 
dei quali ha una propria competenza, e non si comunica attraverso un gergo riservato e famigliare, ma attraverso un linguaggio regolato dagli equilibri che si creano tra gli astanti. Si partecipa ad un gioco, le cui carte sono 
gli argomenti di ciascuno ed i suoi bluff, la cui posta è la posizione che si occupa, ma anche la gerarchia dei gusti e quindi dei valori estetici. 
Le occasioni mondane danno libero sfogo ad un'arte di giocare con la competenza, che sta alla competenza vera e propria come, nel gioco delle carte, il modo in cui si gioca sta alla regina: si può scegliere il proprio terreno, schivare le prove, trasformare in problemi di preferenza le domande sulle conoscenze e l'ignoranza in rifiuto sdegnoso (P. Bourdieu, La distinzione). 
Attorno al gruppo che mangia e conversa si chiude una sfera dalla quale il resto del mondo è in qualche modo escluso, poiché questo gruppo giudica in fondo il proprio valore dalla distanza che è in grado di imporre al mondo.

2
Une des choses qui fait que l'on trouve si peu de gens qui paraissent raisonnables et agréables dans la conversation, c'est qu'il n'y a presque personne qui ne pense plutôt à ce qu'il veut dire qu'à répondre précisément à ce qu'on lui dit. Les plus habiles et les plus complaisants se content de montrer seulement une mine attentive, au même temps que l'on voit dans leurs 
yeux et dans leur esprit un égarement pour ce qu'on leur dit, et une précipitation pour retourner à ce qu'ils veulent dire; au lieu de considérer que c'est un mauvais moyen de plaire aux autres ou de les persuader, que de chercher si fort de se plaire à soi-même, et que bien écouter et bien répondre est une des plus grandes perfections qu'on puisse avoir dans 
la conversation.
La Rochefoucauld, Réflexions morales.

Se un partecipante alla cena afferma che gli riesce difficile accettare che i suoi attuali interlocutori esistano realmente, enuncia sfrontatamente una verità che non appartiene solamente a lui ma che riveste un carattere sociale. 
Come i borghesi di Buñuel che continuano la loro cena mentre da fuori giungono rumori di spari ed esplosioni, bisogna possedere una vista ed un udito molto selettivi per continuare a partecipare alla conversazione. 
Accettando la massima più cara a La Rochefoucauld, secondo la quale nos vertus ne sont, le plus souvent, que des vices déguisés, non potremmo anche arguire che, in fondo, è altrettanto vero che i nostri vizi non sono che virtù dissimulate? È difficile stabilire un confine preciso tra i doni più puri offerti a tutti dalla cultura occidentale, la nostra cultura, e la responsabilità oggettiva che ha questa cultura di molti dinamiche distruttive e avvenimenti tragici della storia. 
Se quello stesso commensale sopra citato nega il valore del passato storico nell'arte (e di conseguenza in ogni manifestazione umana), la cattiva coscienza di non voler vedere, di non voler udire altro che la propria voce (se plaire à soi-même), è forse la virtù nascosta che, attraverso lo strumento efferato di un oblio privo di compassione, impone all'arte il compito dell'accesso a un'improvvisa salvezza. 
Il vizio del cannibale - divorare il prossimo -, non troppo dissimile dall'aggressività simbolica dell'artista, potrebbe essere la virtù travestita di una segreta intenzione di salvezza.
Ernesto Pezzi.
Faenza, 5 Aprile 2001.

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Perla Flors
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