Serghej Rutinov

One day  at a time

IL TEMPO E L'OPERA, IL TEMPO NELL'OPERA.
BREVI RIFLESSIONI SU ALCUNI LAVORI DEL II° NOVECENTO.

Il titolo prende lo spunto dalle considerazioni di A. Asor Rosa
che possiamo schematicamente riassumere nel rovesciamento avvenuto
fra arte e tempo nel novecento, prima il tempo e l'opera erano cose
"distinte" poi il tempo entra, partecipe nell'opera.
A. Asor Rosa "Tempo e nuovo nell'avanguardia, ovvero: l'infinita
manipolazione del tempo",
(a cura di R.Romano), Il Saggiatore, Milano, 1981, pag.78/79.
La simultaneità dell'operare artistico si colloca fra tempo
dell'opera "inteso come spazio esecutivo, mentale ecc.." e
contemporaneamente la medesima immersa nel flusso del tempo.
Questo rende possibile considerare l'operato dell'artista "evento",
dotato di particolari connotazioni, la prima delle quali "ovvia"
esiste nel tempo, la seconda che "l'evento" è dotato di un proprio
tempo strettamente legato all'opera.
I fattori riscontrabili nel passato, dove l'opera è inserita nel
tempo con "notevoli diversità rispetto all'oggi" permettono di
assumere un atteggiamento di "distacco" da parte dell'osservatore
nei confronti del tempo, che è il supporto fluido e scorrevole,
"esterno" all'opera sul quale gli elementi del lavoro artistico
si inseriscono.
Nel novecento il tempo è sempre più frequentemente nell'operato
dell'artista, determinando caratteristiche e modalità del lavoro
che ci spingono ad accostarci alla lettura e comprensione del suo
linguaggio creativo con modalità che considerano l'evento e la
simultaneità fattori determinanti per comprenderla.
"Innanzitutto : mentre i filosofi discutevano sulla scomponibilità
del tempo, sulla realtà del presente, sulla sua esistenza e conoscibilità,
gli artisti, studiando spazi e volumi, bloccando movimenti e
sezionando muscoli, non solamente formavano il tempo ma ne restituivano
uno spaccato infinitesimale, ponendo davanti agli occhi dell'umanità
stupefatta (a volte inorridita) le potenzialità momentanee dilatatorie,
esplorative, simultanee, evenemenziali del tempo". Tempo e forme di Maio Bertoni ed hopefulmonster.
La probabilità, l'improbabilità che nello svolgersi del tempo ha un
evento di succedere, la sua riproducibilità o irriproducibilità, la
sua contingenza, ecc... diventa nell'arte contemporanea l'elemento
scatenante che innesca la crescita di modelli articolati sinergici
con il tempo e nel tempo.
Nel lavoro di Alighiero Boetti Lampada annuale, 1966
"Alighiero Boetti 1965/1994"a cura di Jean-Christophe Ammann,
Maria Teresa Roberto, Anne-Marie Sauzeau pag.67 ed.Mazzotta",
lavoro programmato per accendersi soltanto per undici secondi
in un anno senza che il fruitore conosca mai il momento in cui
l' accensione accade, sono racchiusi tutti i termini sopra ricordati
referenti all'evento rapportato al tempo.
Nell'opera di Giuseppe Penone,
Un minuto e venti secondi: la miccia bruciando lascia una traccia
calcolabile del mio tempo, 1969
"G.Penone, Rovesciare i propri occhi" Einaudi Torino 1977, pag.60-61
l'artista scrive:

"1 minuto e 20 secondi di esistenza....
trascorsi con un pezzo di cera, accanto alle mutazioni registrate
da un pezzo di cera e provocate da una miccia a tempo
la cera è la materia che si modella, si plasma, raccoglie le
impronte di chi la tocca
i negativi delle mani che la modellano.
Racchiude in sé la successione delle immagini che di volta in
volta ha espresso.
E' un blocco di cera che si plasma continuamente il nostro pensiero,
e un blocco di cera è la memoria del nostro vissuto"

Nel testo dell'artista troviamo espresse tutte le caratteristiche di
irriproducibilità, irripetibilità dell'opera, la magia della casualità
dell'evento in relazione ad un tempo definito dalla miccia
"dell'esistenza indefinita".

In un altro lavoro dell'artista egli scrive:
Nel 1881 Penone Giovanni Battista comprava al 25 del mese di settembre
un appezzamento di terra sito in Garessio Borgo del ponte, regione Vall'Organa
da Campero Marco Aurelio.
Questo terreno era coltivato da Penone Giovanni Battista a vigna;
tra un filare e l'altro venivano coltivati patate e grano a ciclo annuale alternato.
Il lavoro era eseguito a mano. Il terreno era diviso in quattro
parti rette da muriccioli.
Il prezzo fu di lire quattrocento. Nel 1969 Penone Pasquale
continuava a coltivare questo terreno con gli stessi sistemi.
La struttura fisica dell'appezzamento è mutata in quanto sono scomparsi i filari di vite.
In questa terra penetrano ogni annocentosessanta centosettanta ore di lavoro.
In ottantotto anni sono penetrate circa quattordicimilacinquecentoventi ore di lavoro.

L'accumulo di forza animale può far sì che questa terra con altre
undicimilacentosessanta ore di lavoro della stessa natura, assimili
ed esprima l'umano?"

Nell'opera patate, 1977
"G.Penone", Carré d'Art, Musée d'Art Contemporain Nimes, Hopefulmonster
editore Torino 1997, pag.82-83,
il tempo coinvolge anche il fruitore che ciclicamente è costretto a
coesistere attivamente con il tempo dell' opera "penetrando nell'opera
il suo tempo lavoro".
La considerazione all'apparenza marginale ci aiuta a comprendere un
aspetto fortemente significativo nella breve indagine condotta in
questo studio sul tempo dell'opera, il sistematico sostituire le patate
nel lavoro per mantenerlo in essere, rende il prodotto artistico
indissolubilmente legato a chi lo possiede in una simultaneità
dell'esistenza del tempo dell'opera nel tempo del fruitore.

Il lavoro di Damien Hirst è per molti versi stereotipato per l'arte
dell'ultimo decennio del novecento.
Egli pone complesse e difficili domande riguardanti la vita, la morte,
l'esistenza umana in generale, senza fornire nessun tipo di risposta.
Il suo lavoro non è politico, ma spesso ambiguo, pervaso da una sottile ironia.
Egli non punta un dito per indicare un possibile colpevole ma esplora i
paradossi della vita nella società post moderna con un senso ironico,
sintomatico di questo nuovo fine secolo.
Uno fra i suoi più discussi lavori è una gigantesca tigre che ringhia
in una tanica piena di formaldeide.
La dichiarazione di questo artista è già nel titolo "l'impossibilità
fisica di morire nella mente di qualcuno che sta vivendo" che pone la
filosofica domanda a proposito di vita e morte e di conseguenza colloca
la simultaneità dell'evento artistico fra tempo dell'opera "inteso come
spazio fisico, biologico, emozionale ecc" e contemporaneamente la medesima immersa nel flusso del tempo dell'osservatore.
L'impossibilità fisica "biologica" di cambiare stato della materia organica dell'opera, la tigre immersa nella formaldeide che ne ferma il tempo biologico e di fatto genera un'immortalità morente, innesca nella mente "sede del senso del tempo" dell'osservatore dell'opera, che sta vivendo " e di conseguenza invecchiando andando verso la fine del suo tempo fisico" la coscienza del suo essere evento nello scorrere del tempo.In questo lavoro D.Hirst gioca tra lo scioccare ed il provocare l'osservatore.Da un lato ti stupisce e dall'altra risveglia in te il "teorico" pericolo del morso, la nostra naturale, millenaria paura di questo terrificante animale.Indirizza la paura umana ed il senso del disgusto verso la filosofia dell'esistenza umana, della mortalità del ciclo della vita, dello scorrere del tempo.
Pino Guglielmo Marzo 2000.
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