"Elevazioni
" di Luigi Stoisa per DECRIPTATI.002
TUTTOMELE09 ABBAZIA DI SANTA MARIA CAVOUR
Video Art - Cortometraggio di Federico Galetto
Durata: 3 min
La nave centrale della
cripta-crisalide dell’abbazia di Santa Maria si è dischiusa
germogliando, sotto terra,
dalla terra muschiosa, da cui s’emanano sentori di muffe, di torbe, di
turiboli inceneriti, di incensi e
di mieli guasti, di cortecce vinose, di argille antiche plasmate in
mattoni d’epoca romana incrostati d’un
umido sgretolato dal salnitro e di polveri di secoli, sistemati lì a
lisca di pesce da circa due millenni,
impregnate di fumi acri, torbido-densi, e di pietre trasudate, di ròse
passe, uno strato, alto 40 cm.,
di una decina di quintali di mele. Mele già in buona parte róse e
decomposte. Che, marce, a breve,
lo saranno tutte quante, in un trionfo di nero-ocra tumefatto e di morte
barocchi: mele sugose-rugose,
ancora (per poco) profumate ma che, tra non molto, ci inebrieranno dei
loro sentori alcolico-alchemici e
degli zuccheri pastosi della loro decomposizione. Come quei
cadaveri di santi cattolici secenteschi,
dai quali si raccoglievano in ampolle miracolose marcescenze ritenute
provvide guaritrici.
Mele, prima dell’autunno, variegate nei colori e nelle polpe, pastose
o acidule, al palato diverse secondo
la varietà. Ora, però, e d’ora in poi, intonacate –sepolcri
vanamente imbiancati- di un marrone enfio e
purulento, tesa, la loro buccia-epidermide guasta, al tuo tatto, fino a
sventrarsi, divengono tocche, vizze,
piene di fermenti liquefatti, ma anche rotonde come ventri di madri
gravide. Perché nel loro marcire è insito
anche un nuovo germogliare di vita. In sinestesie. Mauro
Comba |