Nel gioco di specchi messo in atto col medium della fotografia la Delafon indaga se stessa e,
attraverso il guardare e l'essere guardati, inscena microstorie contraddistinte da un forte
senso poetico. Il suo linguaggio, spesso autoreferenziale, esplora il se' e il mondo in un cortociuito
visivo da cui scaturiscono i segni primi della conoscenza: il noi siamo quello che vediamo, diventa un
voler essere volendo vedere. Per questa occasione particolare l'artista ha installato un letto di sabbia
di Napoli e la sua Napoline si nutre degli stessi ingredienti post-concettuali, affidando tutto al
gioco elementare di questo mandala occidentale.
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In the game of mirrors put in existence with the medium of the photography, Delafon inquires
herself and, through watching and being watched, she stages micro histories with a strong
poetic sense. Her language, often self-referential, explores the interiority and the world
in visual short-circuits from which the main signs of the acquaintance gush: the sentence
we are what we see become we want to be by seeing. For this particular occasion the artist
has installed a sand bed of Naples and its Napoline is nourished from the same post-conceptual
ingredients, entrusting all the contents to the elementary game of this western mandala.
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