Patrizia Guerresi courtesy Galleria Photo&Contemporary Torino Sguardo aperto. Patrizia Guerrresi Maimouna traccia un gesto rapido, un segno preciso e al contempo arcaico, sui volti speculari dei due maschi di colore. In Double lamin c’è, forse, un rimando (im)preciso all’antica filosofia cinese dello Yin e Yang. Le tracce bianche sui volti traducono in orizzontale la verticale sinuosa della rappresentazione taoista e non è soltanto questa l’unica differenza sostanziale. I due volti (che secondo questa interpretazione dovrebbero alludere ai due principi opposti e complementari) sono in realtà il medesimo volto maschile e in questo la specularità è perfetta e la Guerresi è artista di immagini perfette. Utilizza la fotografia come medium, stravolgendolo pero’ dalla sua funzione di restituzione della realtà, per porre i soggetti in una dimensione altra (mistica verrebbe da dire) e ponendoci in contemplazione. Claude Lévi-Strauss1, affermava che la prima superficie che l’uomo ha sentito l’impulso di abbellire sarebbe stato il corpo, inteso come involucro della propria persona e mediatore con il mondo esterno. Queste due teste (e non dimentichiamolo che è la medesima) sono sottratte all’orizzontalità terrestre per gravitare in un non-spazio dalla tonalità lieve; poste in orizzontale si con-centrano su un vuoto sospeso che rinvia all’esterno in un processo ciclico che potrebbe essere infinito. Rammento le pagine esemplari di Roland Barthes2 sul Giappone; l’analisi semiologica del tessuto urbano contrapposto al pieno dei Centri Occidentali rivela un prezioso paradosso di Tokyo: essa possiede sì un centro, ma questo centro è vuoto. Ancora una volta l’artista crea un’immagine assoluta, di singolare bellezza. Attraverso le nouance, dai bianchi al nero, ci porta in una visione spirituale; il suo colore-non colore apre uno spiraglio e risolve le antiche diatribe all’origine dell’eresia iconoclasta ancora oggi viva, seppur in altre forme, nei precetti dei vari neo-fondamentalismi. Se lo Yin e lo Yang rappresentano nel complesso le due forze primordiali, opposte ma complementari, presenti in tutte le cose dell’Universo allora possiamo guardare l’immagine con occhi aperti e vedere l’umanità sospesa in un eterna ricerca di sé e in questo modo, a quel che si dice, l´immaginario si dispiega circolarmente, per corsi e ricorsi, intorno a un soggetto vuoto che saremo noi a colmare nella circolarità dello sguardo… un po’ come dire che tra noi e l’opera si instaurerà un dialogo aperto se sapremo liberarci da preconcetti e finalmente vedere. |
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1 Claude Lévi-Strauss (1908), Antropologo, Psicologo, Filosofo francese 2 Roland Barthes, L´Impero dei Segni, Einaudi, Torino, 1984 |
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Marco Filippa | ||
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