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Simone Pellegrini____________
florilegi inattuali cm 68x140
Florilegi (In)Attuali Simone Pellegrini è artista colto e per lui il titolo non è mai occasionale; è invece ulteriore occasione per definire al meglio le sue intenzioni. Intenzioni perseguite e raggiunte nel corpus della sua opera che s’intrecciano, inevitabilmente, con le origini dell’arte e da contemporaneo qual è… in questo senso Pellegrini vuole essere “originario”, più ancora che “antico”1. Florilegi inattuali è titolo che apre le porte all’opera perché in fondo ne è parte integrante e, infatti, non la spiega, l’annuncia in un certo senso. Florilegi é parola in disuso e il vocabolario parla di antologia ma anche di libro devozionale e l’artista ci avverte subito, sono inattuali. Appartengono al non-luogo del tempo, del corpus della sua opera. Opera intrisa di ritualità, supportata da un pensiero antropologico (culturale soprattutto) con connotazioni psicologiche che non si accontenta di soluzioni affrettate, ma ricerca e rintraccia, nel linguaggio primitivo, l’essenziale impregnandosi di noir matière e d’una fisiologia della traccia che ne dice la fragranza organica, impregnata “di sudore, di sperma, di sangue”2 Carte spolvero giallastre, slabbrate (come pelle del mondo) su cui l’artista imprime le figure con pochi colori: nero, rosso, di fuoco o di sangue; tracciando figure, di-segnandole, come fissasse insieme il significato e il significante. La sua opera è nel singolo lavoro, ma è al contempo dentro tutto il suo lavoro come se l’artista non si accontentasse di una sintesi ma lavorasse ad un corpus; come se la sua fosse una Encyclopédie dei valori originari dell’uomo e nelle sue pagine, attraverso i suoi segni, le sue impronte, riaffiorasse a galla l’escatologico e lo spirituale scovandolo proprio negli inizi, nei gesti primari intrisi di violenza e creazione. Le sue carte sono intrise di sostanze pre-cromatiche, accettano un grado zero3 del linguaggio pittorico, interessate come sono ad una narrazione non lineare, addizionale per certi versi, guidata da un’azione (quasi) sciamanica e del resto, rispondendo ad Ivan Quaroni in merito al pubblico della sua arte, Pellegrini risponde: In principio si rivolge a me. A me fa appello. Poi a chi ama la severità dell'ordito e disconosce il belletto. Ho chiesto a Simone di inviarci delle immagini del suo volto per il catalogo e ho ricevuto una piccola collezione di fotografie che lo colgono al lavoro, rigorosamente in b/n. Una serie di scatti nel suo studio che rivela molto della sua opera. Un’officina delle immagini in cui il colto operaio Pellegrini si muove, col suo corpo scolpito, tra i cumuli di carte, gli incipit affissi al muro come post-it antichi in un evidente processo di crescita dell’opera. Non sono abituato a pensare l’opera d’arte come necessariamente correlata alla vita dell’artista ma, nel suo fare, c’è processualità operativa che è la medesima che possiamo cogliere nei risultati. L’opera nasce stesa a terra, ma i processi generatori sono altrove, nei monotipi che realizza e stampa, nelle delicate tarsie quasi monocromatiche… nasce a terra e poi si eleva a parete come nel processo evolutivo darwiniano: l’homo erectus è la tappa precedente all’homo sapiens cosí il fare di Pellegrini richiede attenzione e sensibilità per intercettare l’emozione che può scaturire dai suoi lavori entrando nelle nostre esistenze con la sua (in)attualità. |
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1 KRN di Marco Meneguzzo, Galleria delle Battaglie", Brescia, 2005 2 Per Simone Pellegrini di Flaminio Gualdoni (Cardelli & Fontana artecontemporanea) 3 Roland Barthes – Il grado zero della scrittura – Einaudi |
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Marco Filippa | ||
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