progetto
Maionese 15ma edizione
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1 settembre 2012 alle ore
16,30 Collezione Civica d'Arte di Palazzo Vittone |
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ETTORE GIOVANNI MAY Intensa brevissima parabola C’è un’attenzione molto speciale per questo ragazzo dall’intensa, brevissima parabola. C’è curiosità per la sua morte, ma è soprattutto la sua arte che ci carpisce, che ci attanaglia. Nella sua breve vita, venti anni, fatta di fatiche e di sofferenze, di entusiasmi e di profondissime delusioni, si eleva la passione per la pittura in modo eccezionale. Pochi anni di produzione che, date le premesse, preludevano a risultati di alto livello. Ma il destino, quella stanchezza di vivere che sfociò nel suicidio, lo aveva segnato. Pochi anni, dicevamo: pittoricamente l’anno di grazia potrebbe essere quel 1922, anno che precede la morte, ma ricco di stimoli e suggestioni, dalle atmosfere di una Torino notturna, deserta e bagnata dalla luce di lampioni a scorci di paesaggio solare. Soprattutto quell’uomo assopito resta il suo capolavoro più conosciuto per l’eloquenza di una forza interiore nonostante la rilassatezza del soggetto umano, ricco di vibrazioni cromatiche a pastello. Ancora di più si rimane attratti dalla sua pittura nei due autoritratti ad olio concepiti, il primo nel 1922, appunto, il secondo nel tragico anno della morte. Un ritratto su fondo scuro da artista di altri tempi, serio nei suoi 19 anni, quasi sdegnoso ed altezzoso l’uno, caratterizzato dallo sguardo frontale composto da sciabolate di colore, essenziali e dinamiche dove la serietà dà ancora più spazio alla rabbia e a quel senso di maledizione che lo accompagna, l’altro. Forse nel ritratto della primavera del 1923 c’è già il presagio, la fine della parabola, perché nell’ottobre sarà già tutto finito. “Spesso il male di vivere ho incontrato”(E.Montale) “Non ho più la forza di lottare” scriverà in una lettera estrema al fratello Cesare. Era rimasto deluso dei commenti ai suoi quadri che definisce “orribili…che brutta figura che faccio …Sono un vile” e in un’altra parte “conosco ciò che potrei fare…avrei fatto vedere ciò che so fare e sarei riuscito a fare il Pittore, e sarei stato grande: conosco le mie forze!” Il tempo ha riconosciuto il valore di questo ragazzo. Quel ritratto ci richiama che c’è da farsi perdonare il giudizio affrettato e superficiale, le prospettive illusorie, le promesse mancate. C’è da ristabilire fiducia. Bisogna ritrovare la luce e trasmetterla a tutti. Mario Marchiando Pacchiola Conservatore della Collezione Civica d'Arte palazzo Vittone di Pinerolo |
May Ettore Giovanni , pittore. (Londra 1903-Torino 1923). Nato a Londra da famiglia modesta, si trasferì a Pinerolo (luogo d'origine della madre) con i genitori nel 1913. Qui frequentò tre anni alla Scuola Tecnica fino all'anno scolastico 1917/18. Nell'estate del 1918 si trasferì a Torino, prima ospite di un professore, poi abitando in una serie di miseri alloggi. Per vivere lavorava in una fabbrica di giocattoli per un modesto compenso di due lire al giorno. Nel 1919 il pittore Rava cui si rivolse per avere lezioni lodò alcuni suoi schizzi, tra cui un Cristo in croce. Nonostante le difficoltà economiche, May decise di restare a Torino per frequentare l'Accademia di Belle Arti a cui si iscrisse il 20 ottobre di quello stesso anno. Nel 1921 e nel 1922 partecipò all'Esposizione della Promotrice di Torino. Nel 1923 espose alla 25ma Esposizione degli “Amici dell'Arte” a Torino. Il 27 ottobre 1923 tentò di asfissiarsi con i fumi prodotti da un braciere, sul quale cadde procurandosi gravi ustioni. Ricoverato all'ospedale San Giovanni di Torino morì il giorno 29, dopo lunghe sofferenze. Il 30 ottobre venne sepolto nel cimitero di Pinerolo. Una sua toccante lettera-testamento scritta al fratello Cesare è conservata presso la Biblioteca civica “Camillo Alliaudi” di Pinerolo. In vent'anni Ettore May produsse una gran quantità di schizzi a matita e a sanguigna, utilizzando solitamente carta di recupero. Mirabili alcuni oli e pastelli prodotti dall'artista. Particolarmente forte fu il suo legame con lo scultore Ugo Librè. La quasi totalità delle sue opere, donate dalla famiglia alla Città di Pinerolo, sono oggi raccolte alla Collezione Civica d'Arte di Pinerolo, che ha dedicato al pittore due mostre (nel 1993 e nel 2004) a testimonianza della sua “intensa brevissima parabola”. |
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