IN VIAGGIO

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CLINAMEN

Costringere uomini magati dalla vista
di mete distanti a volgere gli occhi
per un momento alla visione della
forma e del colore, della luce e del-
l'ombra, farli indugiare per uno
sguardo, per un sospiro, per un sorriso.
J.CKonrad

Il protagonista del romanzo Il turista accidentale, Malcom Leary, viaggia per lavoro; scrive guide che insegnano a chi deve affrontare un viaggio il modo migliore per perdere meno tempo possibile, per avere tutte le spiegazioni in anticipo, per assuefarsi alle abitudini. 
Senza sorprese, senza incertezze. 
Malcom è prigioniero del tedio esistenziale, della paura di vivere, emblema di una quotidianità routinaria che può fare a meno dell'avventura, bloccata com' è in un immobilismo inquieto. 
In questo senso viaggiare è "come stare seduti nella poltrona del soggiorno", un girare a vuoto intorno ad un pianeta impossibile. 
Ma come si può riuscire a provare emozioni nel venire a contatto con altri mondi e altre esperienze se non si conosce se stessi? 
E' questa, a mio avviso,la domanda 
cruciale da porre, riflettendo su un tema tanto complesso. 

E' lontana dall'uomo contemporaneo l'idea romantica del Wanderer, il viandante che aveva eretto la dimensione del viaggio a metafora di vita, un migrare senza meta 
nella natura, inseguendo null'altro che la Sehnsucht, la nostalgia, il traboccare dei sentimenti, con uno stupore fantasioso e fiabesco. 
Il moderno viandante, nato negli anni'60, reca dentro di sé le stimmate dell'impossibilità. 
Il racconto di Peter Handke, L'ansia del portiere prima del calcio di rigore narra la storia di un viaggio esperito come estremo tentativo di superare il vuoto esistenziale. 
Il protagonista tenta infatti di spostarsi da un luogo all'altro sull'onda dei ricordi, col bisogno di cercare se stesso,ma è costretto a fermarsi al confine tra le due Germanie: la frattura è dolorosamente simbolica. 

E' un Falso movimento il viaggio che caratterizza il primo dei tre film che il regista Wim Wenders dedicò negli anni '70 a questa tematica. 
Il secondo, Alice nelle città, mostra come il viaggio porti a dolorose quanto irrinunciabili scoperte; i protagonisti di Nel corso del tempo passano senza sosta da una città all'altra, ma il loro errabonare si conclude di fronte allo schermo bianco di un cinema di provincia. 
La neutralità dell' azzeramento.
Il fascino esercitato dall'esotismo si è sempre identificato con la possibilità di prendere le distanze da una civilizzazione che rende ostile a se stessi la propria esistenza: 
l'Oriente rappresentò per Hermann Hesse un modo di sfuggire alle tensioni politiche che attanagliavano l'Europa. 
Allo stesso modo Ruyard Kipling e Joseph Conrad cercarono un senso in paesi lontani. 
I personaggi creati da quest'ultimo sono imprigionati nell'enigma di un viaggio che, per ripetere le sue parole, è inscrutable, impenetrabile, inconceivable. 
Vie tortuose, un percorso tutto in salita di anime desolate, distaccate e solitarie, spinte dall'adombramento di un' inarrivabile condizione interiore. 
E' il caso di Lord Jim, ad esempio, ma ancor più, del protagonista di Cuore di Tenebra. 
Se consideriamo il mondo delle arti visive, non può non venire alla mente la fuga di Paul Gaugin da un mondo standardizzato verso la libertà di una meta remota. 
Per seguire esempi più recenti, Hans Hartung nell'anno cruciale 1933 ,costretto dal regime nazista a lasciare la Germania, trasforma l'esilio in una rinascita. 
Principia infatti di qui un' esperienza di nomadismo culturale e intellettuale che lo porta dapprima a Minorca, successivamente a Parigi, in un'inesausta e febbrile volontà di conoscenza. Le opere sembrano, di conseguenza, frammenti di un diario interiore, 
sono capaci di cogliere l'istantaneità dell'esistenza, intensa e immediata. 
Il viaggio si trasforma per l'artista in "una concentrazione sul sé, sull'essenziale, colto attraverso gesti inimitabili, unici". 
Per il canadese David Tremlett il viaggio è sempre un'idea mentale che attiva la memoria, 
il fluire del tempo. 
Il risultato è la capacità di aderire alle cose, alla fisicità del sentire, del dipingere avendo ben chiari i ricordi, un lavoro semplice ed essenziale che nasce da pochi presupposti irrinunciabili. I suoi disegni identificano situazioni, riescono a trattenere lo spirito del luogo, che si traduce nel segno. 
Posti che sanno di vissuto, che, a partire dai dettagli, indicano la volontà di rapportarsi con il reale cercando di abitare il mondo. 
Attraverso il viaggio la newyorchese Roni Horn si mette alla prova, cerca una percezione dell'esistenza che sia in grado di adeguarsi alla concretezza del vedere e del fare esperienza adattandosi alle situazioni. La meta è sempre la stessa, l'Islanda, che per definizione dell'artista, è "sufficientemente grande per perdersi, sufficientemente piccola per trovare se stessi". Lo spostamento rappresenta una sorta di attesa, l' unica possibilità - peraltro irrisolta - di vivere, di cercare nuove relazioni spaziali e temporali. 
Definisce altresì un contatto autentico con la natura, una fusione con il paesaggio, nel quale 
il passato e il presente si saldano e si confondono. 
Può il viaggio essere un antidoto alla cultura totalizzante del global village? 
Questo interrogativo è affrontato con ironia dal berlinese Franz Ackermann, sostenitore del nomadismo come esperienza essenziale. 
L'artista si connota dunque come un viaggiatore non pretestuoso ma metodico, che si sposta per cercare se stesso attraverso il contatto con altre culture e altre etnie. 
Il viaggio lo invita a "osservare per trascrivere, a cercare per trasmettere, a trovare elementi del passato per confrontarli con quelli del presente" . 
Questi ingredienti confluiscono in una ricerca che amalgama i linguaggi della pittura, dell'installazione, della fotografia e dell'architettura, con una notevole qualità visionaria. 
In questo modo i lavori si contrappongono alla realtà afasica nella quale viviamo, i suoi itinerari diventano i momenti di Mappe mentali. 
In una serie di fotografie Ackermann si mostra di schiena con la scritta tourist, una figura che, per sua stessa ammissione, si appresta a "diventare un fenomeno aggressivo e totalizzante". 
E' come se l'artista volesse ammonirci a viaggiare in modo intelligente, cercando e trovando 
un antidoto alla banalità, ma, rifuggendo, al contempo, da mondi illusori. 
Ipotesi di itinerari da considerare non alla luce delle offerte consumistiche ma nel senso 
del vissuto, della dimensione umana che è andata perdendosi e che vale la pena di recuperare.
E' proprio questo l'aspetto sul quale conviene insistere, quella del viaggio come confronto, non fallace, con se stessi , nel rifiuto del mero espediente che non porterebbe ad altro che ad un autoinganno.
Tiziana Conti

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testo Antonio Gascò
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